Quando osteopatia fa rima con empatia

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Quando osteopatia fa rima con empatia

C’è una specie di “alleanza terapeutica” che si crea fra osteopata e paziente. L’empatia gioca un ruolo fondamentale nell’affrontare non solo i sintomi fisici, ma anche le cause profonde, gli aspetti emotivi e psicologici che determinano la condizione psicofisica complessiva di una persona.

Nei giorni scorsi ho incontrato Maria, una donna di circa cinquant’anni che ha lavorato a lungo come caregiver, occupandosi dell’assistenza a persone anziane e malate. Maria è alle prese da più di un anno con un dolore al ginocchio che le dà non pochi tormenti. Quand’è entrata nel mio studio zoppicava leggermente e i lineamenti del suo volto apparivano contratti, tradendo il disagio provocato dalla sofferenza e una grande stanchezza. Si trovava ad affrontare una duplice sfida: continuare ad assumersi il forte carico emotivo che le viene dalla sua professione e fare i conti con il dolore fisico che stava provando.

Ho iniziato come sempre il trattamento ascoltando con attenzione la paziente, osservando il suo linguaggio del corpo, le espressioni e come si muoveva. Maria mostrava una certa apprensione ma si aspettava anche di ricevere qualche parola di speranza che potesse risollevarla. A volte è sufficiente un po’ di ironia per rompere il ghiaccio. Quando lei ha concluso il suo racconto, ho fatto un esame più approfondito sulle sue condizioni fisiche, palpando i muscoli in tensione, manipolando delicatamente l’articolazione del ginocchio e cercando di interpretare come ognuno dei movimenti potesse influenzare o meno la sua condizione. Il dolore al ginocchio, la gonalgia, può avere molteplici cause ma, come accade spesso in terapia, ho capito che il problema di Maria non era semplicemente localizzato al livello dell’articolazione, bensì si trattava di una problematica più ampia, collegata a una serie di limitazioni determinate dalla rotazione dell’anca e complicate con buona probabilità dalla natura estremamente impegnativa e faticosa del suo lavoro.

Studiando le connessioni a livello muscolare e scheletrico, con il passare degli anni ho compreso che spesso serve un approccio globale per affrontare le cause profonde del disagio che colpisce un paziente. Il dolore al ginocchio di Maria era il sintomo di una situazione più complessa: Françoise Mézières sosteneva giustamente che ‘la causa del dolore non è mai dove il dolore di manifesta‘. Ho cercato allora di far comprendere alla paziente che avrebbe potuto raggiungere la piena guarigione solo se avessimo affrontato in un percorso di cura gli squilibri del suo sistema muscolo-scheletrico.

A quel punto ci siamo concentrati sul trattamento, combinando ritmicamente le pratiche osteopatiche e fisioterapiche, con l’obiettivo di dare a Maria quei benefici che cercava da tempo. Le prime sedute con i pazienti servono sempre a sciogliere le tensioni accumulate a livello muscolare. Nel caso di Maria abbiamo cercato di ripristinare la mobilità del soleo, del tensore della fascia lata e del popliteo, che contribuivano in modo significativo al dolore al ginocchio. L’obiettivo era sbloccare l’anca sinistra della donna, un trattamento fondamentale per alleviare la tensione sull’articolazione del ginocchio. Il sospiro di sollievo che ho sentito quando la tensione ha iniziato a sciogliersi mi ha fatto capire che eravamo sulla stada giusta.

Abbiamo fatto alcuni esercizi di stretching nella palestra del mio studio, necessari a migliorare la flessibilità della catena posteriore, dei quadricipiti, dell’ileopsoas e dei glutei, in modo da far riacquistare a Maria la mobilità delle anche e del bacino, alleggerendo il carico sul ginocchio. Ho anche prescritto alla paziente alcuni semplici esercizi di allungamento e rafforzamento posturale da fare a casa. È fondamentale che i pazienti vengano coinvolti nella terapia, acquisendo un ruolo attivo nel lavoro di riabilitazione. Riacquistando la propria autonomia, accelerano il percorso di guarigione.

Nell’ultima seduta, mi sono accorto che Maria aveva migliorato gradualmente le sue condizioni fisiche. Il dolore al ginocchio si è ridotto sensibilmente, la paziente ha riacquistato la mobilità ed è tornata a svolgere le sue attività quotidiane. Quando mi rendo conto che i pazienti stanno meglio, tornando a sperimentare una qualità della vita migliore, provo una grande soddisfazione. “Ho capito una cosa facendo questa terapia,” mi ha detto Maria scendendo dal lettino dove l’avevo trattata, “per fare il tuo lavoro serve la stessa empatia che provavo quando mi prendevo cura degli anziani”.

Queste parole mi hanno colpito profondamente, non solo perché erano un riconoscimento importante del lavoro di cura che avevamo fatto insieme, ma soprattutto perché il fulcro del mio approccio terapeutico è proprio la relazione di fiducia e rispetto reciproco che si viene a creare nel tempo con il paziente. Nella terapia osteopatica, questo rapporto trascende spesso gli aspetti tecnici del trattamento fisico per addentrarsi in una dimensione che definirei più intima. L’empatia implica la capacità del terapeuta di comprendere e condividere i sentimenti e le esperienze del paziente. L’impegno che abbiamo messo, insieme, nel percorso di guarigione, ha permesso a Maria di ritrovare la sua vitalità. Adesso anche lei è di nuovo pronta a prendersi cura degli altri, stabilendo con loro un rapporto umano.

Quando osteopatia fa rima con empatia
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