Il nuoto, la pallanuoto e quell’elastico tirato più lontano

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Il nuoto, la pallanuoto e quell’elastico tirato più lontano

Ogni volta che Gigi viene a trovarmi accompagnato da suo padre nel mio studio di Roma, faccio un tuffo nel passato. Gigi è un giovane nuotatore tredicenne e anche io alla sua età facevo tanto sport. Ho giocato a pallanuoto per quasi metà della mia vita e la pratica sportiva mi ha insegnato tanto sulla biomeccanica e il movimento del corpo umano. Grazie allo sport mi sono avvicinato allo studio dell’osteopatia, della fisioterapia e sono arrivato a fare il mio lavoro di oggi. Gigi si allena da quando aveva otto anni e, considerando la sua età, ha già collezionato degli importanti successi sia a livello regionale che nazionale. Una parte della sua vita ruota intorno alla piscina: ore di allenamenti, per affinare le tecniche, migliorare i tempi in vasca, aumentare la sua resistenza fisica. Fare sport agonistico però comporta dei movimenti ripetitivi che, anche nel caso del nuoto, sottopongono la schiena a sforzi notevoli, determinando delle conseguenze dolorose causate dal sovraffaticamento muscolare.

Per descrivere la dura vita degli sportivi professionisti, gli americani dicono “no pain, no gain“, senza dolore non c’è guadagno. Nel senso che esiste una correlazione oggettiva tra l’intensità degli allenamenti fatti da un atleta, gli sforzi muscolari che compie per testare quali sono i suoi limiti cercando di superarli e infine i risultati agonistici. Nel caso di Gigi, l’obiettivo del trattamento è rendere il suo corpo quanto più elastico possibile, perché nel corso dei trattamenti mi sono accorto che la sua struttura muscolare a volte non riesce a “seguire” completamente gli sforzi che il giovane compie nuotando. In casi del genere, il mio compito di terapeuta è affiancare il regime di allenamento di uno sportivo, cercando di rendere più fluidi i movimenti, lavorando sull’elasticità dei distretti muscolari al livello della schiena, della catena posteriore e della regione lombare. In questo modo, la muscolatura diventa più flessibile, le prestazioni fisiche (intese come la capacità di generare maggiore potenza rispondendo agli stimoli), nel complesso, aumentano, mentre si riduce il rischio di infiammazioni o di eventuali infortuni.

Un’analogia che di solito faccio per spiegare più facilmente questi concetti è quella di un elastico teso che viene rilasciato di colpo, sviluppando un’energia dinamica in grado di catapultare in avanti il nastro con maggiore forza e a più lunga distanza. Allo stesso modo, rendendo la muscolatura più elastica ed efficiente, si allevia il dolore frutto degli allenamenti intensivi, si facilitano i movimenti durante le gare e si arricchiscono le prestazioni atletiche. In casi come quello di Gigi anche fare esercizi di stretching non troppo complessi per allungare le catene muscolari permette di rafforzare la mobilità articolare, i muscoli stabilizzatori del tronco e della spalla. Per ottenere questi risultati, nel mio studio lavoro sempre con fisioterapisti che mi aiutano nelle terapie di riabilitazione, condotte sia attraverso manipolazioni manuali, per sciogliere le tensioni e ripristinare l’equilibrio del sistema muscolo-scheletrico, sia utilizzando attrezzature e strumenti specialistici. I risultati si vedono: gli sportivi professionisti che vengono a trovarci con il passare del tempo riescono a praticare le loro discipline eseguendo movimenti tecnicamente difficili in maniera più semplice e armoniosa.

È il caso di aggiungere un altro elemento a questo ragionamento: molti dei miei pazienti quando iniziano a stare meglio dopo i primi trattamenti osteopatici mi chiedono se possono fare jogging, andare in bici o iscriversi in piscina, insomma, se fare sport potrebbe aiutarli a migliorare le proprie condizioni fisiche. Di solito la risposta che viene data a questa domanda è un “si può fare” a prescindere, ma personalmente credo che sia necessaria grande cautela. Certamente fare sport è un bene, perché il nostro corpo è fatto per muoversi; il nuoto, come le altre discipline sportive, aiuta a ossigenare il cervello e i muscoli, ma bisogna fare molta attenzione a come lo si pratica. Per evitare l’insorgere di dolori e di altre complicazioni strutturali è fondamentale avere una tecnica di nuoto corretta. Se si nuota male, le conseguenze potrebbero essere altrettanto negative. Dovremmo sempre avere una percezione chiara sulla natura dei movimenti che facciamo, su come utilizziamo il nostro corpo e lo muoviamo nello spazio. Questa è la lezione più importante che ho imparato facendo io stesso sport per tanti anni e poi nel mio lavoro quotidiano.

Quando giocavo a pallanuoto ricordo quanto impegno era necessario per coordinare con attenzione le azioni a livello muscolare durante una partita: la sincronizzazione è essenziale per ottenere prestazioni ottimali, perché ogni movimento che il pallanuotista fa in piscina richiede una precisione millimetrica. Quando si gioca a pallanuoto le decisioni vengono prese in una frazione di secondo, determinando spesso il risultato di una partita, quindi la precisione di cui parlo diventa ancora più critica; i muscoli dorsali, che hanno un ruolo cruciale nel dare stabilità al corpo in acqua e nel facilitare una serie di movimenti che devono essere rapidi ed efficienti, vengono sollecitati costantemente. Ebbene, se non si ha una tecnica corretta e puntuale il rischio è di fare movimenti sbagliati o incauti di cui poi si pagano le conseguenze. Per fare solo un esempio: un piccolo disallineamento della clavicola durante un tiro in porta può portare a squilibri strutturali non indifferenti.

Insomma, quello che voglio dire è che dentro di noi c’è una grande energia che ci spinge a muoverci, sia che si faccia sport professionistico, sia che lo si pratichi in maniera dilettantistica. Questa energia è una forza che può permetterci di superare i limiti e raggiungere risultati inaspettati, successi personali che non avremmo mai pensato di ottenere. Con passione, dedizione, tecnica e perseveranza, tutto è possibile. Come osteopata cerco di accompagnare questi percorsi personalizzando il trattamento in base alla caratteristiche fisiche di ognuno dei miei pazienti, sottoponendoli a test e valutazioni di natura biomeccanica per misurare il range dei loro movimenti. Ogni aspetto dei movimenti compiuti dai pazienti viene esaminato approfonditamente, dall’allineamento della colonna vertebrale alla rotazione delle spalle. Un’analisi completa permette di individuare quali sono le aree di debolezza e di squilibrio.

Quando si fa sport serve una buona dose di realismo e concretezza: non ci si può improvvisare campioni di nuoto o di pallanuoto, se si è appena usciti da un percorso di cura. Occorrono rigore, esercizio e tanta, tanta disciplina: proprio come fa Luigi ogni volta che rientra in acqua. Ogni bracciata è una testimonianza della sua incrollabile determinazione ed anche dei risultati che abbiamo ottenuto insieme durante la terapia. Mi auguro che quando tornerà a gareggiare Gigi abbia acquisito una fiducia nelle sue potenzialità ancora più grande di quella che ha già dimostrato di possedere.

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